Recensione Avengers: Infinity War

[NO SPOILER] Avengers: Infinity War è finalmente arrivato nelle sale. Dopo un’estenuante attesa, dieci anni e diciotto film, giungiamo alla sintesi perfetta dei cinecomic Marvel, ma ancora incompleta di una chiusura vera e propria che potremo avere esattamente fra un anno, con un’opera strettamente collegata ma che non sarà una vera e propria seconda parte. Dopo aver girato Capitan America The Winter Soldier e Civil War, i fratelli Russo tornano alla regia con una sceneggiatura di Stephen McFeely e Christopher Markus, dimostrando come sia possibile gestire un numero ingente di persone su schermo, risultando coerente con la narrativa delle opere precedenti e riuscendo a primeggiare tra gli altri capitoli dell’Universo Cinematografico.

L’inizio del film è in media-res e connesso al finale di Thor: Ragnarok, in cui le astronavi asgardiane sono alla ricerca di un nuovo pianeta, ma una minaccia intralcia il loro cammino. Nel frattempo, Thanos è alla ricerca delle sei gemme dell’infinito, da incastonare in un apposito guanto, e che donano un potere superiore a quello di un Dio. Le pietre dai magnifici poteri sono sparse in tutta la galassia e due di loro sono sulla Terra (una appartiene a Visione e una è custodita da Doctor Strange) e per affrontarlo è necessario unire le forze come mai è stato fatto prima. I Vendicatori dovranno prestare servizio nella battaglia più dura che abbiano mai affrontato e l’intero spazio è a rischio. La narrazione è corale e coinvolge molti personaggi, riuscendo a raccontare i momenti precedenti alle battaglie e le avversità per prepararsi allo scontro con un ritmo incredibile che, nonostante la lunga durata, tiene lo spettatore incollato allo schermo, bilanciando perfettamente momenti di classica ironia degli eroi con scene drammatiche.
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 Finalmente un cattivo ben scritto e con una psicologia complessa.

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Thanos appare come un antagonista che troneggia sulla rappresentazione complessiva della pellicola, e non è solamente un espediente narrativo per far muovere i nostri eroi come pedine, ma tutto ruota intorno a lui. La sua presenza in scena è preponderante e incute timore ogni volta che lo si vede. Tuttavia non è un villain come gli altri, che distrugge per prevaricare, ma presenta persino un lato umano. Dopo svariati rivali non ben realizzati e con motivazioni stereotipate, finalmente un cattivo ben scritto e con una psicologia complessa che mette in crisi lo spettatore, facendolo riflettere sulla propria natura e sul significato di giusto e sbagliato. La sua importanza è pari o superiore ai supereroi che lo stanno affrontando e risulta più interessante della storia di alcuni protagonisti, poiché talvolta non viene giustificata la loro presenza in determinate situazioni. Le relazioni amorose, già stabilite nei capitoli precedenti fra i caratteri principali, vengono ampiamente trattate ed emozionano il pubblico anche tramite un singolo dialogo, mentre risulta altrettanto interessante l’incontro tra gruppi che non si erano mai visti prima, creando un particolare connubio e alchimia con battute efficaci e mai fuori luogo.

Il Titano Folle si erge in tutta la sua maestosità.

Sul piano visivo Avengers: Infinity War è semplicemente spettacolare. La fotografia è prevalentemente calda e luminosa e cupa il giusto nelle scene più intense, supportata da effetti speciali incredibili, restituendo al fruitore panorami mozzafiato di pianeti inesistenti e concitati e dinamici scontri. A perfezionare il tutto, una colonna sonora da brividi, che con le sue melodie racconta e scandisce la pellicola e, inoltre, un doppiaggio in italiano magnifico e ben realizzato, soprattutto il timbro vocale dell’antagonista che prende la voce di Alessandro Rossi.

Avengers: Infinity War è un calderone esplosivo preparato dai migliori druidi sulla piazza. Eroi che se le danno di santa ragione in combattimenti epici, veloci e ben coreografati, con una regia che consente di cogliere al volo ciò che avviene e un antagonista congeniato alla perfezione. Il film è l’apice dei cinecomic Marvel con una gestione maniacale della sceneggiatura e delle connessioni con le vicende lasciate aperte precedentemente, una semi-conclusione di tutte le scene dopo i titoli di coda. Il finale è soddisfacente, ma rimane fin troppo aperto, non chiudendo la storia e lasciando gli spettatori a bocca asciutta in attesa del seguito che chiuderà la Fase Tre del Marvel Cinematic Universe. Un altro fattore negativo è l’ingresso di alcuni personaggi senza alcun rigor di logica, ma su cui si può saltare sopra, data la magnificenza e la spettacolarità da parte di tutti i reparti dediti alla costruzione dell’opera.

Recensione a cura di Giulio “Sorkid” Baiunco e Massimiliano “Vampyro” Meucci.

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