The Chaos Engine: Steampunk e Rivoluzione

1993 – Di certo si tratterà di semplice impressione e non di un dato oggettivo, ma ho sempre pensato che se Gears of War fosse uscito negli anni ’90 sarebbe stato identico a The Chaos Engine. Al di là delle sostanziali differenze strutturali che separano i due progetti, continuo difatti a rintracciare numerose assonanze stilistiche in grado di accomunarli: elementi concettuali legati ad un visione quanto mai diretta del gameplay che, trovando ulteriori corrispondenze nel look proprio di protagonisti e background, convergono in un’esperienza di gioco dall’impatto straordinariamente analogo.

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The Chaos Engine ci avrebbe permesso di affrontare l’avventura principale scegliendo il nostro beniamino da un cast costituito da sei, bizzarri anti-eroi: la selezione ci avrebbe imposto di portare con noi anche un compagno di ventura che sarebbe stato gestito dalla CPU in modalità Single Player.

Caratterizzato dal tipico design industriale, metallico, che ha sempre contraddistinto le produzioni dei Bitmap Brothers e che pare riviviere in ogni texture del blockbuster targato Epic, The Chaos Engine ci strappava dalle nostre comode poltrone domestiche per proiettarci nel bel mezzo di un aspro conflitto tra freak bio-meccanici: entro i confini di 16 aree di gioco zeppe di ferro, fuoco e cemento, avremmo imparato a conoscere nuovi, brutali aspetti della guerra virtuale. Non la semplice gimcana di pixel che la collaudata prospettiva top view vorrebbe simile al vecchio Commando, bensì un tattica lotta senza quartiere da vivere con un’occhio costantemente puntato al contatore di proiettili e l’altro sempre alla ricerca di ideali punti di copertura.

Alquanto epico in singolo, praticamente epocale se filtrato attraverso l’allora avveniristica modalità multiplayer in Co-Op per 2 giocatori, The Chaos Engine si abbattè sul mercato dell’epoca come una martellata da 10 tonnellate, mandando letteralmente in visibilio in fan degli sparatutto “run & gun”. Mi piace pensare che, in quella moltitudine, debba esserci stato  anche il buon Cliff Bleszinsky (producer di Gears of War, NdG) al quale non dovettero sfuggire né le sfumature appena elencate, né tantomeno i distopici connotati vittoriani di un’ambientazione dichiaratamente ispirata al romanzo steampunk The Difference Engine, scritto da William Gibson e Bruce Sterling nel 1990…

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Insignito di diversi riconoscimenti tra cui il Nebula Award nel 1991, l’omonimo romanzo cui era ispirato il gioco presentava una coinvolgente rivisitazione degli eventi storici sviluppatisi in seguito alla Rivoluzione Industriale che portò in auge l’esempio dell’Inghilterra Vittoriana, offrendo dunque spazio a riflessioni sociologiche.

Solo in questo modo, riuscirei d’altronde a spiegarmi quel marcato senso di continuità che sembra unire i due titoli e incarnare, a tutt’oggi, uno dei legami più evocativi tra passato e presente del gaming.

Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.